Osservazione dell’evento GRB 231111A

I lampi di raggi gamma (Gamma Ray Burst – GRB) sono le più potenti esplosioni dell’universo; sono stati così chiamati perché, durante il fenomeno esplosivo, la prima e più forte emissione di energia si osserva solitamente nei raggi gamma, anche se vengono emessi fotoni in tutte le lunghezze d’onda. I GRB sono brevi, ma molto intensi, tanto da essere visibili a distanze cosmiche per brevi periodi di tempo (da pochi secondi a qualche ora). Le emissioni in luce visibile, i cosiddetti “afterglows”, durano anche’esse per un tempo limitato, arrivando raramente a qualche giorno.

Essendo i GRB così luminosi nei raggi gamma, possiamo vederli in tutto l’universo osservabile, dalle galassie vicine all’universo molto distante. Poiché la luce viaggia a una velocità finita, ci vuole molto tempo prima che essa arrivi dall’universo lontano per raggiungerci, quindi quando osserviamo questi fenomeni stiamo guardando indietro nel tempo. In effetti, i lampi di raggi gamma sono tra i pochissimi eventi rilevabili direttamente nell’era in cui avvenne la formazione delle prime stelle. I GRB sono quindi strumenti potenti per studiare l’universo primordiale e apprendere come l’universo si è evoluto fino al suo stato attuale.

Inoltre, poiché i GRB vengono creati negli ambienti più estremi dell’universo – supernovae, stelle di neutroni e buchi neri – sono utili per studiare la fisica in questi ambienti straordinari, molto difficili da riprodurre sulla Terra.

Si ritiene infatti che i lampi gamma siano prodotti da eventi astrofisici estremi che creano forti getti di particelle e fotoni con energia estremamente elevata. Nello specifico, è probabile che i GRB si formino attraverso due principali meccanismi fisici. Il meccanismo più comune è attraverso il collasso di stelle massicce: quando queste esauriscono il carburante per produrre energia, collassano a causa della gravità ed esplodono come supernovae. Alcune di queste supernovae rilasciano anche intensi getti di raggi gamma.

L’altro meccanismo, meno comune, avviene attraverso la fusione di due stelle di neutroni o la fusione di una stella di neutroni e un buco nero. Questi eventi possono anche produrre onde gravitazionali.

In base alla durata dell’evento di burst, si distinguono due principali popolazioni di GRB: i Long (LGRB) e gli Short (SGRB). La distinzione avviene in base a un parametro definito come il tempo entro il quale viene registrato il rilascio del 90% dell’energia totale sotto forma di raggi gamma. Per quanto riguarda gli SGRB, questo intervallo di tempo è di 1 − 2 s, mentre per i LGRB è dell’ordine del minuto.

L’impossibilità di prevedere localizzazione spaziale e temporale dei GRB, e la loro durata limitata nel tempo, ha portato allo sviluppo, da parte della NASA, di una rete di osservatori astronomici chiamata Gamma-ray Coordinates Network (GCN). Quando un satellite individua un fenomeno GRB, la NASA notifica automaticamente l’evento alla rete GCN, pubblicandolo inoltre sul sito https://gcn.nasa.gov/circulars; in questo modo gli osservatori astronomici che si trovano in condizione di visibilità ed operatività possono eseguire misurazioni fotometriche ed astrometriche dell’eventuale afterglow.

L’osservazione della controparte ottica di un GRB è possibile anche per un piccolo osservatorio, come descriviamo nel seguito di questo report; condizione necessaria è anzitutto quella di iniziare le misurazioni entro poche ore dalla segnalazione dell’alert GCN; questo perché la luminosità di questi oggeti cala rapidamente, andando oltre la magnitudine 20 in tempi relativamente brevi.

Per intraprendere quindi l’osservazione dei lampi gamma, la prima cosa da fare è iscriversi al sito https://gcn.nasa.gov/circulars (iscrizione possibile dietro “presentazione” di un altro osservatorio già iscritto, che garantisca per il nuovo contributore); gli iscritti ricevono, via mail, gli alert dei vari satelliti e hanno inoltre la possibilità di pubblicare a loro volta le proprie osservazioni.

Le coordinate dell’oggetto riportate nell’alert, se sufficientemente precise (dell’ordine di pochi secondi d’arco di incertezza) permettono all’osservatore anzitutto di verificare se l’oggetto è sopra l’orizzonte, e di localizzarlo poi tramite software di gestione di cataloghi stellari come Aladin (il quale sarà utile anche per la scelta delle stelle di confronto nella successiva fase di fotometria).

Nel caso in cui l’oggetto sia visibile, si eseguono le riprese prendendo una serie di più immagini (tipicamente almeno per un’ora). Sarà necessaria, come di consueto, anche l’acquisizione di dark e flat.

Nel nostro caso, l’evento da noi ripreso risale all’11 novembre 2023; abbiamo effettuato la ripresa dell’afterglow del GRB 231111A (Melandri  et al., GCN 34981: link https://gcn.nasa.gov/circulars/34981), ottenendo 15 FITS da 120 secondi ciascuno nel filtro R Cousins. Dopo la riduzione delle light con dark e flat, i FITS ottenuti sono stati sommati in uno stack (Fig. 1) per aumentare il rapporto segnale-rumore del FITS risultante. Una singola esposizione di pochi minuti infatti non è in genere sufficiente per raggiungere le magnitudini tipiche dei GRB.

Nonostante le dimensioni ridotte dello strumento usato (un riflettore da 25 cm di diametro) se confrontate con quelle di telescopi professionali, la fotometria eseguita sullo stack da 15 FITS ha rilevato una debole sorgente di magnitudine Rc = 20.1 +/- 0.2 alla posizione riportata dal satellite Swift-XRT.

Fig. 1 – Campo di vista; a sinistra l’immagine del database Aladin, a destra il dettaglio del FITS risultante dallo stack

La calibrazione è stata eseguita utilizzando le stelle vicine nel catalogo GAIA DR3 e utilizzando le equazioni di trasformazione descritte su https://gea.esac.esa.int/archive/documentation/GEDR3/Data_processing/chap_cu5pho/cu5pho_sec_photSystem/cu5pho_ssec_photRelations.html

Il risultato è stato quindi condiviso con il coordinamento mondiale degli osservatori dei GRB tramite la circolare GCN #35003, consultabile sul sito del Gamma-ray Coordinates Network: https://gcn.nasa.gov/circulars/35003

I dati caricati sul sito dai vari osservatori saranno impiegati dagli specialisti per caratterizzare, quanto possibile, i lampi gamma in oggetto. Alcune recenti ricerche internazionali su questi fenomeni esotici ne incoraggiano lo studio per l’impiego come candele standard. Se ciò fosse dimostrato, si estenderebbero ulteriormente le dimensioni dell’ universo “misurabile”.

La speranza è quella di ottenere informazioni più precise sull’espansione accelerata dell’universo e sull’energia oscura, migliorando i già notevoli risultati che portarono nel 2011 Saul Perlmutter, Brian Schimdt e Adam Reiss a vincere il premio Nobel per l’astrofisica.

Livia Moretti e Emanuele Pavoni

Gruppo Ricerca ATA

(Leavitt Observatory)

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